PALERMO. Yodit Tewelde Habtay è nata in Eritrea nel 1992, nel 2019 è arrivata in Italia dall’Etiopia con lo status di rifugiata, oggi raggiunge un sogno che sembrava impossibile: essere proclamata dottoressa magistrale, con il voto di 110 e la lode, in “Mediterranean Food Science and Technology” al dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali dell’Università degli Studi di Palermo.
In piedi, davanti alla commissione, l’emozione fa tremare la voce. Ma, questa volta, è un brivido di felicità. Il momento che ha cambiato l’esistenza di Yodit è legato alla partecipazione al progetto dei corridoi universitari per studenti rifugiati “UniCoRe”– promosso dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) – e a cui l’Ateneo di Palermo partecipa da quattro anni. “Se non avessi avuto questa preziosa opportunità – racconta Yodit – avrei rischiato la vita provando ad attraversare in tutti i modi il Mar Mediterraneo con la speranza di scappare da una realtà in cui i diritti umani vengono calpestati ogni giorno”.
Ma oggi i brutti pensieri sono lontani e anche se tra il pubblico pesa l’assenza del papà, a causa di un visto non ottenuto nonostante gli sforzi della Caritas di Palermo, ad applaudirla c’è quella che, in questi ultimi anni, è diventata la sua seconda famiglia: la comunità di Unipa. “Vorrei continuare il dottorato qui”, dice Yodit a conferma del forte legame che ormai la lega all’Ateneo di Palermo.